Lavoro e Digitalizzazione: le nuove sfide nel settore delle telecomunicazioni
Il settore delle telecomunicazioni, date le continue sfide legate allo sviluppo del 5G ed alla digitalizzazione del Paese, sta affrontando un periodo di grandi responsabilità, ma anche di grandi rischi con il pericolo che, anno dopo anno, i posti di lavoro possano diminuire sempre più.
Di fatto, i big delle telecomunicazioni, operanti in Italia, hanno investito più di 6,5 miliardi di euro per accaparrarsi le frequenze delle rete di quinta generazione con conseguente rinnovamento del piano industriale e strategico allo scopo di rendere disponibile la nuova rete il più presto possibile.
Per affrontare la rivoluzione del 5G bisogna, quindi, disporre di un piano strategico valido capace di portare ad ottimizzare gli investimenti. Secondo i sindacati, però, gli operatori di rete mobile, protagonisti nello sviluppo della rete di quinta generazione, non sembrano essere del tutto pronti.
Ad esempio, Vodafone Italia ha comunicato l’anno scorso di voler adottare nuovi modelli di business più agili e digitali per continuare ad investire nelle proprie infrastrutture.
Infatti, l’11 Marzo 2019, l’operatore rosso ha presentato il suo nuovo piano volto a ridurre il perimetro organizzativo di 1130 efficienze appartenenti a tutte le funzioni aziendali.
D’altro canto, anche TIM ha presentato ai sindacati il suo piano industriale 2019 – 2021, denominato “TIMe to deliver and delever”, proprio per evidenziare l’obiettivo di ridurre il debito aziendale.
Luigi Gubitosi, amministratore delegato TIM, ha affermato uscite volontarie per circa 4400 unità tramite l’isopensione e quota 100, dichiarando anche parternship con Vodafone per condividere le reti 4G e 5G con l’obiettivo di ridurre i costi per il roll-out della tecnologia. Anche, in questo caso, le segreterie nazionali hanno evidenziato l’importanza di puntare sulla formazione e sulle skills.
La riduzione del debito non è un obiettivo di fondamentale importanza solo per TIM, ma è della stessa idea anche Wind Tre che ha presentato, ai sindacati, il nuovo piano industriale focalizzato sulla riduzione del debito tramite nuovi modelli organizzativi che potrebbe portare ad esternalizzare alcune figure, al trasferimento di lavoratori nella sede di Milano e all’integrazione di importanti ruoli sia del settore amministrativo quanto quello fiscale o degli acquisti.
Tutto ciò, potrebbe portare al Progetto PISA, ovvero alla vendita di un ramo aziendale o alla societarizzazione con maggioranza e controllo operativo, impattando su oltre 100 dipendenti con l’integrazione sia di processi che di ruoli in tutti gli ambiti. I sindacati, però, non hanno ben visto il piano industriale dell’azienda, definendolo troppo vago. Proprio per questo motivo, sono iniziate assemblee e iniziative di scioperi a tutela dell’occupazione da parte dei lavoratori Wind Tre.
I problemi relativi all’occupazione non riguardano solo gli operatori di rete, ma anche il settore dei call center è molto incerto con diversi problematiche da risolvere tra cui concorrenza sleale, massimo ribasso nelle gare d’appalto ed esternalizzazione delle attività. A tal proposito, in data 17 Gennaio 2019, il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) aveva già convocato un summit con diverse organizzazioni sindacali al fine di discutere dei problemi che investono il suddetto settore.
Per contrastare la concorrenza scorretta ed il dumping contrattuale, andando a tutelare pure l’occupazione, il 21 Febbraio 2019, Asstel ed i sindacati hanno firmato un Accordo Quadro con la realizzazione di contratti di lavoro firmati da organizzazioni che applicano forme di ribasso rispetto alle tabelle fissate dal MISE.
Secondo gli operatori, in un mercato in continua evoluzione per offrire nuovi servizi a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, serve che lo Stato intervenga attivamente nello sviluppo e negli investimenti legati alla nuova rete, tutelando allo stesso tempo l’occupazione.